8.1 Oltre il PIL: definizione e costruzione di nuovi indicatori di benessere, tra questioni concettuali e metodologiche

ASSESSING THE IMPACT OF MICROFINANCE ON PEOPLE’S CAPABILITIES

Roberto Burlando - Dipartimento di Economia e Statistica "Cognetti de Martiis", Università di Torino (Rosella Tisci, Roberta Arbinolo)

Assessing the impact of development projects is crucial for a more efficient and sustainable resource menagement and hence for a more suitable fulfillment of development goals.  Despite every year large amounts of funds are addressed to development programs, impact evaluations are still scarce and often inadequate for several reasons: their cost in terms of time and money, their technical and bureaucratic complexity, their political implications and the lack of data in terms of quantity and quality.  One of the main challenge facing the impact evaluation is the selection of  evaluation dimensions.  In the wake of the international current debate in development thinking, several researchers began to undertake multidimensional analyses but most of them still remain  too much concerned about material aspects of development, considering how the programs affect the amount of resources in the hands of beneficiaries.  This paper investigates how the capability approach by Amartya Sen can be helpful in improving the impact evaluation of development programs. In particular, we will focus on  microfinance programs, considering their pivotal role in development policy.  The capability approach adopts a complex idea of development, understood as a process of expanding the real freedoms that people enjoy, far different from the traditional narrow idea of development as mere economic growth.  This idea of development allows to overcome the economic reductionism of the traditional idea of development and to embrace an integrated view of development in which not only material dimensions but also mental,spiritual and social ones matter.  The specific aim of the paper is to provide some practical suggestions on how the dimensions of analysis could be selected in developing countries, presenting the findings of a qualitative research undertaken in some rural villages of Andhra Pradesh (India).

A NEW AGENDA FOR THE INTERNATIONAL DEVELOPMENT COOPERATION: LESSONS FROM BUEN VIVIR EXPERIENCE

Massimo Pallottino – Centro Interdisciplinare di Scienze per la Pace, Università di Pisa (Salvatore Monni – Dipartimento di Economia, Università Roma Tre)

The debate about growth and development that has been taking place during the last decades has clearly highlighted a number of flaws and contradictions which the theory, as well as the practice of International Development Cooperation, failed until now to address in a convincing and effective way. The Buen Vivir ("good life") Latin America’s new concept for collective well being, as emerging during recent years, is a blend of rather diverse elements: a concept of ethno-development rooted in the experience of the indigenous peoples; a relational understanding of the ways the different societies would enter into a process of transformation; a form of humanistic socialism guiding a concept of local development. These elements have been translated into a variety of debates, ranging from institutional/constitutional arrangements, to the formulation of development related public policies, to the mobilisation of global social movements; the outcomes of these reflections have raised much interest, particularly as traditional concepts and tools do not seem to identify viable solutions for addressing current world crisis. The Buen Vivir can offer a contribution to the reframing of the way the ‘well being’ is conceived within current development setting. Yet, its philosophy and cosmovision refer to a substantially alternative understanding of the associated life and of the relation between human and nature, that finds little connection to the most established theories. In the conclusions, we will try to show that some of the issues highlighted by the Buen Vivir may also demonstrate relevance for the International Development Cooperation, although perhaps urging for a more radical transformation that that acceptable by most of the actors playing a role in this field.

SOSTENIBILITÀ: DAGLI IMMAGINARI AGLI INDICATORI… E RITORNO?  IL CASO DELL’INDIA

Simone Contu – IRIS, Istituto di Ricerche Interdisciplinari sulla Sostenibilità (Elena Camino – IRIS)

Il vigoroso sviluppo economico  avvenuto in India negli ultimi decenni è documentato dalla vistosa crescita del PIL. Tuttavia di recente Singh et al. (2012), quantificando i movimenti e le trasformazioni di materia verso e dall’India nel periodo dal 1961 al 2008, mettono in evidenza la crescente insostenibilità delle scelte compiute da questo grande Paese.   Lo ‘sviluppo’ si accompagna a un crescente degrado ambientale, con conseguenze drammatiche soprattutto per le popolazioni contadine e le comunità indigene, che hanno rappresentato, fino a pochi decenni fa,  la componente più ampia della civilizzazione indiana, basata prevalentemente sulla struttura sociale del ‘villaggio’.   L’India è teatro di sempre più numerosi e intensi conflitti socio-ambientali.  Il caso dell’India dimostra efficacemente la necessità  di tener conto contemporaneamente di due confini entro i quali le comunità umane devono imparare a vivere:  i limiti sociali, che richiedono di ridurre gli squilibri sociali che portano povertà e iniquità (Rowarth, 2012), e i limiti biofisici del nostro pianeta, che impongono un uso limitato e prudente di flussi e trasformazioni delle risorse naturali  (Rockstrom et al., 2009). Nel nostro contributo offriremo una breve rassegna di indicatori e indici di ‘sviluppo’, ‘progresso’, ‘benessere’che negli ultimi decenni sono stati sempre più confrontati, associati e infine intrecciati con misure di sostenibilità ambientale. Sottolineeremo alcuni degli immaginari che hanno caratterizzato la ricerca accademica in questo settore.  Oltre a illustrare alcune delle potenzialità, talvolta l’efficacia, spesso i limiti di un approccio quantitativo alla relazione tra comunità umane e ambiente, cercheremo di mettere in evidenza l’importanza delle idee che guidano gli immaginari, e le responsabilità degli studiosi  nel produrre e/o accogliere  concetti nuovi e nel tradurli in misure  e in orientamenti politici. 

CULTURE DELLA COOPERAZIONE: RINFORZARE LA RETE CON GLI ECONOMISTI GANDHIANI

Giovanni Salio - Centro Studi Sereno Regis

Nel 1909 Gandhi scrisse Hind Swaraj, in cui  riassumeva la sua concezione della nonviolenza nel campo della politica e dell'economia,  gettando le basi della futura “scuola degli economisti gandhiani”. Nella sua analisi Gandhi sviluppava una dura critica alla “moderna civiltà occidentale”, anticipando i principali aspetti dell'odierna crisi sistemica (economica, ecologica, sociale), e delineava un modello di sviluppo e di stile di vita alternativo, nonviolento e sostenibile. Gandhi introduceva anche  elementi di critica utili all'attuale dibattito su ruolo, limiti e pericoli della tecnoscienza ripresi, tra gli altri, da Jerry Ravetz, Silvio Funtowictz e Vandana Shiva. Nel 1935 Richard Gregg si ispirò a Gandhi nel suo lavoro sulla “semplicità volontaria”: tema poi ripreso da altri autori come Schumacher e Helena Norberg-Hodge e dalla scuola della “decrescita” di Latouche. Le idee di Gandhi furono sperimentate in India, durante la lotta per l'indipendenza,  grazie alla collaborazione di Vinoba Bhave e di Joseph Kumarappa,   e vennero sistematizzate da Romesh Diwan,  che propose un modello di economia nonviolenta, offrendo una chiara base teorica e pratica a partire dalla quale costruire una alternativa dall'attuale crisi sistemica globale.  Sperimentazioni sono in corso in varie parti del mondo. In India sono di particolare interesse quelle condotte da ASSEFA,  Barefoot College, Ekta Parishad e Navdanya, tutti di ispirazione gandhiana.  In Occidente il movimento delle “Transition Towns” sta attuando numerose sperimentazioni su piccola scala orientate alla sostenibilità, dimostrando l'attualità del messaggio gandhiano.  Occorre uno sforzo da parte del mondo accademico della cooperazione per entrare in rete con queste realtà, che a partire dalla visione ‘gandhiana’ propongono narrative e sperimentano azioni molto diverse dall’immaginario tuttora dominante,  che pone l’innovazione tecnoscientifica  al servizio della crescita economica e della competitività.  

DAL TRASFERIMENTO ALLA CONDIVISIONE. ASCOLTARE LE VOCI DEGLI ‘STAKEHOLDERS’: UNA SFIDA PER L’UNIVERSITÀ

Paola Bianca Camisani - Centro Studi Sereno Regis (Elena Camino – IRIS)

In passato la ‘cooperazione internazionale’ era impegnata a ottimizzare il trasferimento di saperi e tecnologie dal Nord al Sud.  L’immaginario della crescita economica senza limiti,  e la certezza che i Paesi ‘sviluppati’ potessero insegnare a tutti gli altri (‘poveri’ o ‘in via di sviluppo’) ha dominato per decenni scena politica e scelte economiche. Il mondo accademico ha contribuito a consolidare l’idea di un ruolo-guida dell’Occidente nei confronti di popoli anche culturalmente ‘arretrati’.  Oggi cooperazione internazionale e ricerca accademica devono affrontare problemi e contraddizioni nati proprio in conseguenza di quelle scelte (land grabbing, emarginazione urbana, inquinamento, disuguaglianza etc) In India queste contraddizioni hanno assunto dimensioni drammatiche, poco conosciute al pubblico e affrontate finora in modo frammentario dagli attori della cooperazione. Miniere, dighe, centrali energetiche e impianti industriali hanno reso ‘necessario’ espropriare milioni di contadini e tribali dai loro villaggi, e hanno ridotto la disponibilità di terreno per l’agricoltura.  Movimenti di protesta composti da donne, contadini, popolazioni tribali si oppongono  a questi processi, difendendo il proprio territorio e le proprie tradizioni.  Tali movimenti sono portatori di un immaginario dello sviluppo differente da quello dominante: essi sottolineano la dipendenza dell’umanità dai sistemi naturali e l’urgenza di coniugare ecologia ed equità all’interno di un pianeta con evidenti limiti biofisici.  Abbiamo svolto una ricerca sui conflitti socio-ambientali in corso in India, raccogliendo video-interviste, testimonianze, film che esprimono voci e ragioni dei soggetti coinvolti (in parte accessibili su www.indiaincrociodisguardi.it). Le voci di questi soggetti devono diventare un riferimento per il mondo accademico e per i responsabili della cooperazione: occorre superare la distinzione tra ‘esperti’ e non esperti e costruire insieme nuove conoscenze e nuove realtà.

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