2.2 Emergenza vs Sviluppo. Il progetto di architettura nell’ambito della Cooperazione allo Sviluppo

L'APPROCCIO VERNACOLARE AL PROGETTO ARCHITETTONICO NELLE ESPERIENZE DI COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO IN ALCUNE COMUNITÀ INDIGENE MESSICANE

Roberto Pennacchio – Associazione Archintorno (Roberta Nicchia, Alessandra Basile, Andrea Tulisi – Associazione Architorno)

Archintorno è un’associazione no-profit di giovani architetti con base a Napoli, che dal 2005 porta avanti progetti di cooperazione allo sviluppo con comunità indigene dello stato di Oaxaca in Messico, coinvolgendo università, associazioni, amministrazioni locali e singoli professionisti in Italia e all’estero. I progetti dell’associazione si basano su un format didattico, internazionalmente noto come Design-Build Studio, secondo cui studenti delle facoltà di Architettura e Ingegneria vengono accompagnat alla progettazione ed autocostruzione di edifici in contesti in via di sviluppo. I nostri progetti puntano sull’uso di materiali e risorse locali attraverso tecnologie a basso costo, ripetibili, adatte al contesto climatico, sociale e culturale del luogo. Le scelte progettuali derivano da un’attenta analisi partecipata degli stili di vita, della cultura abitativa e delle tecniche costruttive locali. Lo scambio culturale tra studenti e popolazione locale, inoltre, assume un ruolo di  non secondaria importanza. Nell’ambito del dibattito sui diversi approcci alla progettazione architettonica nella cooperazione internazionale, dunque, l’esperienza di Archintorno si pone in stretta continuità con la cultura vernacolare locale. Attraverso l’analisi delle tre esperienze di cooperazione di Archintorno in Messico, quest’articolo presenta una valutazione dei punti di forza e debolezza dell’approccio  proposto. I temi affrontati, lasciati come questioni aperte al dibattito scientifico e degli operatori del settore, riguardano le forme di partecipazione e di capacity building, l’impatto del progetto sulla comunità locale in termini economici, socio-culturali, nonché ambientali e paesaggistici, il recepimento delle innovazioni tecnologiche ed architettoniche.

 

SUSTAINABILITY OF POST-DISASTER RECONSTRUCTION PROCESSES: A PROPOSAL OF METHODOLOGY FOR THE ASSESSMENT

Elisa Salvaneschi – Università di Pavia (Marco Morandotti – Università di Pavia)

Literature and several cooperation experiences are used to divide the interventions in the Global South context into two categories: emergency response and development processes. If this division is appropriate for the first phase of post-disaster emergency, it is not so obvious for the processes of reconstruction. In recent years we can observe a increase of disasters, considered natural, but that really reveal an anthropic causes; these phenomena have shown how this clear division is not recognizable: when does the emergency phase end? When does the situation of temporary nature, which necessarily follows an event that involves "a serious rupture of the normal functions of a community or society, which causes an impact and loss of life, material and economic spread, to which the affected communities’ capabilities with their own resources are unable to manage"(UNSDRR) end? The answer is not obvious and leads back to the dimension of the reconstruction, ie at that moment when a new process of development starts. We can therefore conclude that the processes of reconstruction are the connection point between the processes of emergence and development within the cooperation. From these considerations, PhD research (presented here) is focused on the study of a proposal for a methodology that would allow to evaluate the actual appropriateness sustainability and development of these processes, through a comparison of indicators linked to the pre disaster housing stock and reconstruction ones. This comparison analyses all the factors of the dimension of the home, from the physical and spatial to social perception, allowing the assessment the effective delta positive or negative in housing conditions; furthermore the cross between the parameters of the housing system and those relating to environmental, social and economic, makes it possible to consider into that process the interactions that exist between external factors and the element of the project, which are affected.

 

SVILUPPARE L’EMERGENZA

Riccardo Vannucci – FAREstudio

Fermo rimanendo l’impegno nella cooperazione, FAREstudio ha sperimentato di recente una sorta di migrazione dallo sviluppo all’emergenza che scaturisce da varie considerazioni. In primo luogo, l’esperienza di FAREstudio costituisce una riflessione sul senso e sui limiti del mestiere, e sembra particolarmente significativo andare a cercare tali limiti laddove le condizioni per il lavoro sono obiettivamente estreme. in particolare, in tempi di virtualizzazione e di ambiguità culturale del lavoro architettonico, il confronto con la realtà nelle sue manifestazioni più brutali concretizza una reazione rispetto alle derive cui troppa parte della disciplina sembra destinata. Di fatto questo tentativo rappresenta anche una sfida al luogo comune che vede l’emergenza come luogo tecnico per eccellenza, riservato a specialisti che interpretano standard e procedure codificate nel tempo. In questo modo, attraverso occasioni diverse, FAREstudio ha operato all’interno di campi rifugiati. Il risultato di questo viaggio, obiettivamente appena iniziato, è tuttavia molto controverso, e ha portato i soggetti coinvolti in situazioni non sempre facilmente decifrabili, talvolta anzi spiacevoli quando non addirittura di aperto disagio, e non certo, o non solo, per le condizioni di lavoro.

Il sistema presenta infatti rigidezze e resistenze solo in parte giustificabili, con le circostanze. A testimonianza di questo una serie di esperienze FAREstudio desidera condividere e che comprendono un centro per il recupero di bambini soldato nella Repubblica Centrafricana, un intervento di summerization nel campo di al Zaatri in Giordania e una proposta per piccole scuole in corso di realizzazione nel campo di Mberra, in Giordania. Si tratta di piccole cose, assai poco fotogeniche ma forse utili ad avviare una riflessione.

 

COSTRUZIONE SOCIALE DI HABITAT

Camillo Magni ­-  Architetti senza Frontiere Italia/Politecnico di Milano

Il fenomeno degli slums è un evento che oggi coinvolge, a seconda di come lo si misuri, circa un miliardo di persone e tra vent'anni ne coinvolgerà due o tre miliardi. A partire dagli anni '70 (nel 1976 a Vancouver si è tenuta la prima conferenza Habitat I promossa dalla Nazioni Unite) il fenomeno degli slum è stato largamente studiato ed analizzato in tutte le molteplici forme in cui esso si manifesta nei diversi continenti. Baraccopoli, bidonville, chabosal, slums, favelas rappresentano i luoghi ai margini delle periferie delle città del sud del mondo dove ingenti porzioni di popolazione vivono in condizioni di sovraffollamento, espulse dai percorsi di legalità, in mancanza di servizi e reperibilità di acqua.

All'interno di questi contesti la casa riveste un ruolo cruciale. In totale assenza di infrastrutture, di servizi e di terziario è la residenza stessa a costruire la morfologia e l'identità dei luoghi. Il problema della casa, però, non può essere affrontato solo in termini di deficit abitativo, ma necessita di uno sguardo più ampio capace di integrare anche gli aspetti connessi alle pratiche d’uso dello spazio domestico, le strutture di produzione e quel sistema complesso di azioni denominato “produzione sociale di habitat”. Per questa ragione risulta importante ridefinire e precisare alcuni aspetti disciplinari riguardo le condizioni operative, costruttive e procedurali propri dei quartieri informali. 

In questo quadro di riferimento il tema abitativo assume connotati specifici e necessita di un approccio complesso capace di operare un allargamento delle questioni affrontabili in termini architettonici con l'obiettivo di indagare i problemi là dove questi si manifestano in forme più evidenti. Un approccio di indagine che miri ad affrontare concretamente i problemi reali ed offra soluzioni operabili nel contesto socio economico a cui si rivolge. In tal senso le tecnologie applicate ai sistemi produttivi dell’edilizia rivestono un ruolo fondamentale.

 

REALIZZAZIONE DI INFRASTRUTTURE PUBBLICHE NEL BELEDOUGOU (REPUBBLICA DEL MALI, AFRICA)

Emilio Caravatti – Africabougou onlus (Matteo Caravatti - Africabougou onlus)

Il comune rurale di Yelekebougou è un capoluogo della provincia di Katì, a 70 km a nord di Bamako, capitale della Repubblica del Mali, in Africa occidentale. Conta circa 12.000 abitanti distribuiti in comunità rurali (villaggi di 200-600 abitanti), sostenuti da una economia basata sulla coltivazione dei terreni e sullo scambio commerciale di prodotti locali.  In questa area, l’associazione Africabougou onlus, fondata nel 2006, ha via via definito un programma di miglioramento di infrastrutture pubbliche  (composto da edifici educativi e sanitari) caratterizzato da una sperimentazione progettuale e costruttiva che prevede l’uso di risorse locali e un processo di costruzione strettamente legato alle comunità dei villaggi.  In accordo con le autorità comunali e con responsabili dei diversi villaggi, sono stati realizzati edifici interamente in terra caratterizzati dall’uso in copertura della “volta nubiana”. Il lavoro si fonda sull’utilizzo tradizionale di mattoni in terra cruda, escludendo l’uso di legno e di lamiera.  Il programma ha permesso tra l’altro lo la formazione  di un gruppo di manodopera specializzata capace sia di realizzare autonomamente abitazioni che alcuni interventi pilota nello stesso Comune rurale.  Africabougou garantisce l’intera logistica del progetto (progettazione e direzione dei lavori), i costi della manodopera specializzata, della gestione del cantiere e dei materiali non reperibili in loco. A carico di ogni singola comunità di villaggio sono il terreno per la costruzione, la fabbricazione dei mattoni, la manodopera non specializzata e l’approvvigionamento di alcuni materiali (acqua, pietre, ghiaia, sabbia) oltre alla gestione dell’edificio attraverso la formazione di comitati preposti al mantenimento ed al funzionamento futuro. L’Amministrazione comunale cura i rapporti di coordinamento con i singoli villaggi e tra i diversi enti pubblici preposti, e veglia nel tempo sul corretto mantenimento degli edifici.

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