7.4 Economia globale e cooperazione allo sviluppo nei paesi emergenti e nei nuovi mercati

IL RUOLO DELLE PREFERENZE TARIFFARIE GENERALIZZATE NEL PROCESSO DI SVILUPPO DEI PAESI EMERGENTI: BILANCIO E PROSPETTIVE

Lorenza Mola - Dipartimento di Giurisprudenza, Università degli Studi di Torino (Silvia Cantoni – Dipartimento di Giurisprudenza, Università degli Studi di Torino)

Il lavoro, di taglio giuridico, intende valutare rilevanza ed efficacia delle preferenze commerciali nell'ambito delle politiche di cooperazione allo sviluppo, nell'ottica degli attuali obiettivi e delle politiche future con particolare riguardo alla partecipazione delle imprese private. L'incidenza delle preferenze tariffarie sulla ridefinizione dei processi e dei ruoli degli attori coinvolti nella promozione dello sviluppo sarà analizzata focalizzando l'indagine sui Paesi emergenti africani. Primo, il lavoro evidenzia i nodi problematici dei sistemi di preferenze generalizzate (SPG) con cui i Paesi importatori (UE, USA, ma anche Russia, Cina...) concedono l'accesso al proprio mercato ai prodotti originari dei Paesi in via di sviluppo: meccanismi di condizionalità positiva e negativa legati al rispetto dei diritti umani e al buon governo; meccanismi di graduation basati sullo sviluppo economico (ad es., verso Brasile e Cina). Secondo, si analizzano, da un lato, l'impatto dei SPG sugli investimenti delle multinazionali nei Paesi beneficiari nei settori delle materie prime ed export-oriented, dall'altro, i casi recenti di ostacoli all'esportazione. Terzo, le problematiche emerse sono approfondite con riguardo ai "leoni africani". In particolare, si tratteggia criticamente il regime applicato dall'UE a tali Paesi appartenenti al gruppo dell'Africa, Caraibi e Pacifico (ACP) - dagli accordi di Lomé e Cotonou agli Accordi di Partenariato Economico (EPA) fino all'applicazione dell'SPG europeo -, confrontandolo con la politica commerciale della Cina verso l'Africa. Infine, il lavoro inquadra l'evoluzione del trattamento commerciale preferenziale dei Paesi emergenti nelle strategie di cooperazione allo sviluppo post-2015. L'importanza del rapporto tra commercio, investimenti e sviluppo è oggetto di un recente studio di un consorzio di università europee, esempio concreto della cooperazione del mondo accademico con gli attori politici nazionali e internazionali in materia.

SUCCESSI E CONTRADDIZIONI DEL “DEVELOPMENT STATE” IN ETIOPIA: QUALE RUOLO PER LA COOPERAZIONE?

Michele Boario - Ministero degli Affari Esteri (Emanuele Fantini – Università degli Studi di Torino)

L’Etiopia e’ cresciuta a ritmi intorno al 10% per circa dieci anni grazie ad un modello di ‘Developmental State’ che si ispira al successo dei paesi asiatici. I dati piu’ recenti sembrano tuttavia indicare un rallentamento della crescita e un forte spiazzamento del settore privato. La societa’ civile si sente poco partecipe delle scelte di indirizzo del paese, stanno cosi’ mutando le pratiche di dissenso, resistenza, adesione e negoziazione con l’autorità politica. In quale misura il modello di un’Etiopia “leone africano” rimarra’ sostenibile e potra’ ispirare altri paesi del continente? Come deve mutare il ruolo tradizionale della cooperazione allo sviluppo per continuare a favorire la riduzione della poverta’ ed evitare l’aumento della diseguaglianza ? L’articolo si propone di rispondere a queste cruciali domande analizzando alcune delle principali contraddizioni con le quali l’Etiopia deve confrontarsi. Com’e’ possibile sostenere una politica di grandi investimenti pubblici con un tasso di risparmio tra i piu’ bassi al mondo ? Come generare sufficienti posti di lavoro in presenza di una popolazione in forte crescita e assenza di risorse finanziarie per l’iniziativa privata? Come sostenere una crescita economica che attraverso lo sviluppo della classe media genera nuovi soggetti politici ostili a chi governa tale crescita ? Su quest’ultimo tema l’articolo propone una rilettura critica del dibattito in merito alla relazione tra crescita economica e democratizzazione, che attraverso l’analisi della traiettoria storica di medio lungo periodo permetta di evitare relazioni univoche di causalità, restituendo ambiguità e complessità.

STRUCTURAL TRANSFORMATION AND NATURAL RESOURCES IN AFRICA

Federico Bonaglia – OECD

Presentazione dell'OECD African Economic Outlook 2013.

PATHWAYS TO STRUCTURAL TRANSFORMATION? THE COMPLEXITY OF CHINA’S IMPACT ON SUB-SAHARIAN AFRICAN ECONOMIES

Alice Nicole Sindzingre – National Centre for Scientific Research (CNRS, France)

China has become a major trading and investment partner of Sub-Saharan African economies since the early-2000s, with the economic impact of China’s relationship with Sub-Saharan Africa having become the subject of an increasing literature. The paper shows the complexity of these trade and investment relationships and their impact on Sub-Saharan economies. It argues that beyond their ambivalent effects, these relationships may foster the structural transformation of African economies, i.e. a break with the pre-existing structure of the economy, industrialisation and productivity growth – the ‘emerging Africa’. Sub-Saharan African economies have indeed exhibited spectacular growth rates since the early-2000s, which have  mainly been driven by China, via several direct and indirect transmission channels, notably China’s demand for goods produced in Sub-Saharan Africa and its contribution to high international commodity prices (e.g., for metals, oil), Sub-Saharan export structures being characterised by a high proportion of primary commodities. Different views could suggest that there are uncertainties, in particular that Sub-Saharan growth rates stem from distorted export structures, i.e., based on primary commodities with low value-added, and that these growth rates may not imply any change of commodity-based export structures. These growth rates may even strengthen commodity-dependence, as high growth rates and high prices are incentives to continue the status quo and may lock African economies into the exporting of primary commodities, with its negative effects (vulnerability to volatile prices and external shocks, ‘Dutch disease’). These processes may threaten Sub-Saharan African economies’ prospects for industrialisation and they may be compounded by the weakening of African industrial sectors by cheaper manufactured products from China and its undervalued currency. China’s export credits may also expose African economies to future debt problems. Similarly, African governments’ economic policies, which have been destabilised by decades of the programmes of international financial institutions, may not be able to harness the new opportunities offered by China. Against these views, however, the paper argues that Sub-Saharan African countries’ growth rates may stay at high levels, as China’s growth (and that of other emerging countries’) is expected to remain sustained in the medium term, and as the price of some commodities may stay at high levels during the next decade. A long period of high growth rates, together with an improved fiscal room for manoeuvre, may therefore constitute a genuine opportunity for structural transformation for African economies. Equally, commodities may create linkages towards industrialisation. In addition, China’s relationships with Sub-Saharan Africa are also driven by important and increasing investment, not only in African countries’ infrastructure, but also in industrial sectors, both being key determinants of diversification and structural transformation.

LE SCELTE DELLA COOPERAZIONE ITALIANA SULLE AREE GEOGRAFICHE E I PAESI DESTINATARI DELL'AIUTO

Damiano Sabuzi Giuliani – Action Aid

Il contributo vuole fornire una fotografia sulle scelte della cooperazione italiana per quanto riguarda i Paesi e le aree geografiche che ricevono aiuti dall'Italia.
In primo luogo verranno affrontate le questioni legate all'efficacia e all'efficienza della cooperazione italiana: analizzando l'impatto della frammentazione geografica dell'aiuto, si dimostrerà l'esistenza di una relazione inversa, testata empiricamente e giustificata da un punto di vista teorico, tra la frammentazione dei flussi di aiuto e l'efficienza e l'efficacia dell'aiuto stesso.  Inoltre, si prenderà in considerazione la questione dei cosiddetti "paesi orfani e prediletti" dell'aiuto italiano, presupponendo che sia  naturale che ci sia una certa disuguaglianza nella distribuzione dell'aiuto tra i paesi. In un certo senso, infatti, una distribuzione troppo equa dell'aiuto può essere addirittura considerata come indice di assenza di criteri di assegnazione. Tuttavia, se un certo grado di disuguaglianza nella distribuzione dell'aiuto può essere auspicabile, alcuni dubbi sorgono nel momento in cui si osservano quali sono i paesi che ricevono i flussi maggiori di aiuto. Infine, si accennerà ai costi economici della "non cooperazione", prendendo in analisi la correlazione tra l'aiuto bilaterale erogato dell'Italia e le relazioni commerciali di lungo periodo con i Paesi partner.

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